#SEMtalks: Intervista a Rachele Soliera

#SEMtalks: Intervista a Rachele Soliera

Le interviste #SEMtalks continuano a grande richiesta! Oggi avremo sul nostro blog Rachele Soliera, una professionista affermata nell’ambito della consulenza, formazione e facilitazione. Non vi diremo di più, lasciatevi trasportare dal racconto della sua esperienza.

  1. Ciao Rachele, noi ti conosciamo e sappiamo che passione e dedizione per il tuo lavoro sono pane quotidiano per te. Racconta anche ai nostri lettori chi sei e cosa fai.

Iniziamo da cosa faccio. Mi piace pensare che “aiuto le organizzazioni a trovare soluzioni pratiche, efficaci, condivise ed immediatamente implementabili”. Opero nell’ambito della Consulenza, Formazione e Facilitazione e sono certificata in metodologie innovative ed efficaci come Lego® Serious Play®, Design Thinking e Business Design. Opero in mercati e canali diversi, con aziende di varia natura e dimensione, sia da sola sia in collaborazione con partner internazionali.

Prima di fare la libera professione ho lavorato in azienda. Sono infatti cresciuta all’interno delle aree commerciali di due grandi multinazionali americane, la P&G e la J&J, dove ho trascorso quasi 20 anni della mia carriera ricoprendo incarichi sempre più importanti e di maggiore responsabilità (da Sales Rep, a Sales & Trade Marketing Director) in diversi mercati e canali (Mass Market, Profumeria, Farmacia, Ottica). Questo mi ha dato la possibilità di maturare una solida esperienza nella riorganizzazione aziendale, disegnando per intero ruoli e responsabilità di molte strutture di Vendita e di Trade Marketing, che poi ho guidato come responsabile. 

Già all’epoca ho avuto la possibilità di guidare processi trasformazionali e di occuparmi in prima persona del training della mia forza vendite, creando un ruolo di sales trainer interno, sviluppando specifici moduli formativi e scrivendo il Manuale del Venditore. 

15 anni fa ho deciso di lasciare la «vita comoda” del dirigente di una multinazionale per intraprendere la mia attuale avventura come Business Consultant e Sales Trainer, che ho arricchito negli ultimi anni con l’attività di Facilitazione, grazie alla certificazione in metodologie innovative e user-centric. 

Sono una persona molto curiosa e questo mi porta a ricercare e testare nuovi tools che accrescano le mie competenze e conoscenze, e mi permettano di trovare le soluzioni più adatte alla realtà organizzativa di cui mi sto occupando, facendo attenzione a valorizzare le risorse interne all’azienda e ad offrire servizi di elevata qualità.

Questo vale in particolare per le reti di vendita, perché avendone guidate personalmente alcune e seguite poi tante altre in qualità di consulente e trainer, so quanto sia difficile riuscire ad erogare percorsi formativi veramente efficaci e apprezzati.

Perché dici questo?

Beh, intanto tieni presente che generalmente le forze vendite sono molto eterogenee. Quindi all’interno dello stesso team trovi persone molto diverse tra loro per età, esperienza, formazione, e quant’altro. Quindi già questo comporta il fatto che non è facile sviluppare un training unico che possa tenere conto delle diverse necessità. In compenso però i venditori hanno dei tratti che li accomuna: 

  • Innanzi tutto, vivono generalmente lontani dall’azienda e questo non consente una reale integrazione con i colleghi degli altri reparti, che spesso vengono visti come generatori di problemi piuttosto che come supporto al loro lavoro, il che li rende un po’ polemici.
  • Sono tutti i giorni a contatto con i loro clienti, senza nessuno che gli dia feedback su come si relazionano, senza nessun esempio da seguire, crescendo nella convinzione che tutto sommato quello che fanno sia corretto. Quindi “chi sei tu (trainer) per dirgli cosa e come fare il loro lavoro …?”
  • Il percorso di apprendimento, e ancora di più di cambiamento culturale o di mindset, è molto più lento per un’organizzazione di vendita rispetto ai team interni, proprio per la mancanza di continuità di stimolo e di feedback ai quali sei sottoposto se lavori in sede. In tal senso, lo sbaglio di molti manager, è quello di pensare che bastino uno/due giorni di training per far si che nuovi processi e tecniche vengano immediatamente assimilate e implementate.
  • I venditori sono generalmente passionali e soffrono il distacco dal campo, e malgrado la pandemia abbia cambiato alcune modalità lavorative, tenerli una giornata fermi in aula è complicatissimo.
  • Un’ ultima cosa che si tende a sottovalutare è che i venditori sono una ricchezza infinita di conoscenza! Conoscenza del mercato, dei clienti, dei competitors, che però non sempre sono in grado di condividere in modo strutturato ed efficace con il resto dell’azienda. 

Queste riflessioni mi hanno portato a sviluppare un percorso formativo, che ho anche brevettato, che mantiene contenuti e tecniche di vendita consolidati e di provata efficacia, ma combinati, ed erogati, attraverso metodologie di facilitazione estremamente innovative come Lego®Serious Play® e Design Thinking. Questo percorso consente di:

  • valorizzare la loro conoscenza e competenza. Generalmente non gli stiamo insegnando nulla di nuovo! il compito del docente/facilitatore deve essere quello di riorganizzare i concetti, rivedere qualche tecnicismo, dare suggerimenti, spunti che valorizzino quello che già, bene o male, la persona conosce e sa fare. 
  • Farli partecipare attivamente. I venditori, per quello che abbiamo detto prima, tendono a distrarsi facilmente. Il loro coinvolgimento costante e attivo è determinante per la buona riuscita del training.
  1. Hai vissuto appieno la digitalizzazione, sei stata dunque testimone diretta di cambiamenti aziendali importanti. Spiegaci dunque come si è evoluta con l’avvento del digitale la gestione della forza vendite.

Storicamente tecnologia e digitalizzazione non fanno parte del DNA del venditore. Questo per svariati motivi, alcuni dei quali (distanza dalla sede, mancanza di stimoli costanti, resistenza al cambiamento, ecc) li ho già citati prima.

Io ho avuto la fortuna di iniziare la mia carriera all’interno di un’azienda, la P&G, che già all’epoca era all’avanguardia in termini di tecnologia, e noi venditori avevamo già in dotazione dei device che ci permettevano di registrare gli ordini o di valutare la redditività di uno scaffale.  Ho quindi sempre appoggiato progetti e strumenti che potessero aiutare processi di automazione e ottimizzazione del lavoro. 

Quando poi ho iniziato il mio lavoro di consulente e formatrice sono rimasta scioccata dall’arretratezza digitale della maggior parte delle organizzazioni di vendita, anche di aziende molto conosciute. 

Ora, dare la responsabilità solo ai venditori è un po’ riduttivo. Loro sicuramente vivono gran parte dei processi di digitalizzazione come delle imposizioni che appesantiscono il loro lavoro, ma questo è dovuto anche al fatto che la maggior parte delle aziende tende ad adottare certi processi “calandoli dall’alto”, senza nessun coinvolgimento delle persone che poi dovrebbero usufruire del “servizio”, senza sufficiente conoscenza delle reali possibilità/difficoltà di implementazione e spesso avviando i nuovi processi con un training limitato circa l’utilizzo degli strumenti o delle applicazioni e con molti bug aperti; il che rallenta e rende difficile l’accettazione e l’adozione degli stessi.

Un classico esempio è il CRM, forse uno dei sistemi più odiati dai venditori perché spesso implementato in modo pessimo.  E invece si tratta di un sistema digitale strategicamente utilissimo, che consente di tenere traccia di tutte le interazioni che avvengono tra azienda e cliente, raccogliere informazioni in modo strutturato, semplificare i processi e migliorare la redditività.

Per fortuna, comunque, le cose stanno man mano cambiando, e, da questo punto di vista, la pandemia ha portato una forte accelerazione nell’adozione di sistemi digitali, anche da parte dei più ostici. 

Da un giorno all’altro i venditori si sono trovati a dover gestire i loro clienti attraverso uno schermo, e le aziende costrette a adottare tecnologie e sistemi digitali a supporto del “NEW NORMAL”.

  1. Nel corso degli anni hai avuto modo di accrescere il tuo background aziendale, diventando senza dubbio una guida per molte realtà. Sulla base di questa esperienza, quali sono, secondo te, gli strumenti indispensabili per la forza vendite nel contesto digitale di cui un’azienda non può fare a meno?

Allora evito di citare strumenti che dovrebbero essere ormai adottati da tutte le aziende (es. sistemi di order entry, o di CRP, almeno per aziende della grande distribuzione)…

Ma, direi sicuramente il CRM, di cui abbiamo appena parlato, magari progettato con il coinvolgimento di qualche rappresentante della forza vendita e curato con qualche accortezza in più nella fase di implementazione (es: dedicare il giusto tempo al training).

Applicazioni, che possano aiutare il venditore, ad avere in modo facile e veloce le informazioni più rilevanti sul cliente (magari con accessi diretti dallo smartphone).

Un’altra cosa che ritengo indispensabile è far seguire ai venditori percorsi formativi di comunicazione digitale. Relazionarsi con il cliente attraverso uno schermo è ben diverso rispetto a quanto si possa fare in presenza

Ben vengano le aziende che riescono ad attivare momenti di interazione con i propri clienti attraverso l’implementazione di eventi digitali e magari l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. 

E poi c’è tutto l’aspetto social che non può e non deve essere trascurato, né dall’azienda né tantomeno dal singolo venditore. E’ assurdo che oggi un venditore non curi la propria immagine, ad esempio attraverso un profilo Linkedin, e che non utilizzi appieno questa e altre piattaforme per raccogliere informazioni sui propri clienti e sull’andamento del mercato di riferimento. 

  1. Sei una facilitatrice Lego® Serious Play® certificata. Durante il tuo percorso professionale, dove hai trovato la massima integrazione di questo metodo innovativo, nel mondo digitale?

Come sai Lego® Serious Play® è una metodologia che facilita la condivisione e la co-creazione.  La presenza fisica è quindi un elemento estremamente importante e fino all’arrivo della pandemia non avrei mai pensato di poter erogare dei workshop LSP da remoto.

Ma il New Normal ha costretto tutti noi a reinventare la ruota e a trovare soluzioni creative per superare le grandi difficoltà che stavamo affrontando. 

Quindi ho cercato di capire come poter creare un modulo che potesse essere erogato da remoto senza  andare ad intaccare i valori e i principi fondamentali che stanno alla base della metodologia e rispettando le linee guida date dall’Association of Master Trainer di cui io faccio parte.

Ne è nato un Training per facilitatori certificati approvato dall’associazione, sulla gestione delle obiezioni, che riesco ad erogare anche on line, grazie all’utilizzo di alcune piattaforme (come Zoom, Mural e Mentimeter) che si sono rivelate estremamente efficaci per riprodurre modalità partecipative molto simili a quelle vissute in presenza.

Se ti è piaciuta l’intervista a Rachele, visita il suo sito web e scopri molto di più su di lei e sul suo lavoro!